Vita in campeggio
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Nel 1968 mi sono sposato e la vacanza in campeggio è cambiata nonostante la giovane età: non ci muovevamo più allo sbaraglio, abbiamo cominciato a programmare e ad organizzarci.
Siamo tornati a Forte dei Marmi con i miei genitori; mio papà era felice della nuova esperienza perché l’ultima volta che era stato in tenda, diceva, era durante la guerra.
Avevamo una tenda a casetta con due camere separate e il guardaroba posto in mezzo tra le due, uno spazio cucina e una verandina per poter mangiare all’esterno.
Potete capire che con i genitori al seguito certe esuberanze non erano possibili, quindi è stata una vacanza tranquilla passata tra il campeggio e la spiaggia.
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Qualche piccola novità nel nostro modo di campeggiare rispetto agli anni precedenti: l’acquisto di una che riempivamo dai rubinetti posti nella zona lavaggio stoviglie (altri rubinetti in giro per il campeggio non esistevano tanica per l’acqua) e la modalità di conservazione del burro che normalmente si squagliava dal caldo. Qui è intervenuta l’esperienza di mia madre che teneva il burro in una scodella e cambiando l’acqua più volte al giorno, rimaneva cremoso morbido ma non si scioglieva.
Abbiamo trascorso altri tre anni nello stesso modo, con i miei genitori e con una coppia di amici che nel frattempo si erano aggregati per provare anche loro per la prima volta la vita di campeggio.
Un giorno il mio amico, anche lui con la tenda a casetta, aveva teso una corda e sulla stessa aveva pinzato un tovagliolo di stoffa a copertura della finestra a zanzariera per impedire che il vento spegnesse il fornello acceso per cuocere il pranzo.
Il tovagliolo, mosso da una folata di vento più forte delle altre si è allentato ed è venuto a contatto con il fuoco incendiandosi e in un attimo ha incendiato la zanzariera di plastica mentre la moglie, spaventata gridava al marito “CICCIO BRUCIO, CICCIO BRUCIO”. Quel “ciccio brucio” mi si è impresso nella memoria perché, nonostante il pericolo, l’ho trovato esilarante (non mi sono fatto vedere mentre ridevo).
La fiammata ha distrutto la zanzariera ma non ha fatto altri danni, si è spenta da sola. Il mio amico, spaventato da quel “ciccio brucio” ha buttato sulla tenda una secchiata d’acqua, distruggendo così anche il pranzo.
Nel 1972, approfittando del ponte della festività di San Pietro e Paolo (all’epoca era festivo) io e Mariuccia abbiamo deciso di andare in campeggio a Jesolo. Preso in prestito la tenda canadese dell’amico di Forte dei Marmi, che era praticamente nuova, siamo partiti a bordo della mia rossa 850 special e siamo arrivati al campeggio a tramonto inoltrato. Siamo rimasti colpiti dal fatto che era completamente sulla spiaggia con pochissimi alberi e zone di ombreggiatura prefabbricate con tettoie di stuoie.
Ci siamo piazzati all’aperto (costava meno) e di fronte al mare che distava meno di cento metri. Una posizione incantevole con nessuno davanti a noi. Il campeggio, ricordo, si chiamava INTERNAZIONALE. Campeggio all’avanguardia per i tempi poiché era già provvisto di supermercato, ristorante e servizi chiusi con docce calde a gettone. Solo dopo la prima doccia ho scoperto che il tempo dell’acqua calda era molto limitato tanto che mi sono sciacquato con l’acqua fredda perché il tempo della calda era finito. Una goduria. Dalla seconda doccia in poi era tutto un “apri e chiudi” la calda per evitare il finale con solo quella fredda.
Lì abbiamo comperato il frigo portatile perché abbiamo visto che il supermercato vendeva del ghiaccio dentro sacchetti di plastica legati con del nastro adesivo. Non era il massimo ma a quei tempi in quel modo avevi la possibilità di tenere in fresco per alcune ore il famoso burro della nonna e anche qualche bibita.
Nonostante una tettoia di prolunga per coprirci dal sole mentre mangiavamo, durante il pranzo il sole ci colpiva in pieno ed era impossibile resistere più di 5 minuti. Abbiamo quindi provveduto a fissare un asciugamano di fronte all’entrata in modo da potere mangiare all’ombra. Terminata la vacanza, raccolto e sistemato tutto in macchina, abbiamo fatto la doccia con l’ultimo gettone disponibile (non vi dico lo stupore di quelli che ci hanno visto entrare in doccia insieme, due ragazzotti così! Uno scandalo! Non sapevano che eravamo sposati). Dopo esserci vestiti, il momento di infilarci le scarpe: solo allora mi sono accorto che avevo i piedi rossi e gonfi tanto che le scarpe non entravano. Avevamo protetto il tavolo e noi dal sole senza pensare che sotto il tavolo dove però batteva il sole, avevamo i piedi nudi. Risultato: ho guidato da Jesolo a Milano a piedi nudi. Solo dopo due giorni sono riuscito a mettermi le scarpe.
Alla prossima!
Gianni Pasi
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