Pavia in camper… La città, bellissima, è  chiusa  ai camperisti: niente aree di sosta, niente parcheggi dedicati e, se lasci il camper sui viali, ti visitano i ladri. In più, per entrare in città, bisogna evitare la  trappola del ponte della Becca…

Cogliendo l’occasione per andare a trovare il nostro nipotino di tre anni, avevamo progettato un lungo giro in Lombardia a cominciare da Pavia che non conoscevamo.

Eravamo attratti e incuriositi dalle tante bellezze decantateci da nostro figlio che ci abita da alcuni mesi: “è una splendida città di provincia, dalle vie curate e deliziosamente strette di un centro senza traffico quasi a misura di bambino, eppoi c’è il Ticino…”

Così, amanti dell’Italia come siamo, abbiamo fatto rotta verso l’Oltrepò pavese con l’intenzione di fermarci alcuni giorni e non importava se non c’erano aree di sosta.

Avevamo deciso di seguire il consiglio della polizia municipale che alla nostra richiesta su come visitare Pavia in camper ci suggeriva di parcheggiare lungo il viale Don Enzo Boschetti “lì, troverete sicuramente  un posto per il camper”.

Pavia, Ponte Coperto

Siamo partiti, con l’intenzione di giungere a Pavia in camper con calma e con l’intenzione di gustarci le bellezze dell’alta pianura padana (noi abitiamo nella “bassa” bolognese…). Lasciati i numerosi Tir dell’autostrada del Sole abbiamo imboccato l’A21/E70. Lo scarso traffico di inizio week end e la bella giornata permettevano uno sguardo alle belle masserie che, prive delle sue note tristi, ricordavano “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi.

Il Tom Tom, fino a quel momento, ci aveva guidato benissimo in una zona che non conoscevamo e che, per la verità, era stranamente priva di indicazioni utili per arrivare a Pavia.

Pavia, chissà per quale strana ragione, non appariva in nessuna indicazione stradale. Apparivano paesi e paesetti, ma non il capoluogo di provincia, né da solo, né abbinato ad altri paesi, sicché ci siamo dovuti completamente affidare al nostro navigatore – per camper e roulotte – che ci ha fatto uscire a Broni (anziché a Casteggio) da lì abbiamo preso la strada provinciale che ci avrebbe dovuto condurre a Pavia (ma il nome continuava ancora a non apparire nella cartellonistica stradale).

Dopo un’ampia curva a destra e un rettilineo ci troviamo difronte  ad un lungo ponte sul Ticino (eravamo arrivati a Pavia….?).

Ci avviciniamo al ponte e… sorpresa: davanti a noi una strettoia, con due spallette in cemento armato alte circa un metro e lunghe più di due, larga solo pochi centimetri più del camper…

Che fare? Provarci ? Tornare indietro? Un’occhiata al display della retromarcia: dietro a noi una lunghissima fila di auto in attesa di passare, davanti un’altra lunghissima fila di mezzi in uscita, il tutto, in una strada che non poteva certo definirsi larghissima… Dovevo passare!

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Fatti i primi metri riesco a portare fuori il muso del camper. Scendo per rendermi conto della situazione. Preoccupato dei “cadaveri” di fiancate di plastica, pezzi infranti di carrozzeria, fanalini rotti e sinistri segni di rigature sui due muretti delle spallette, so di non avere ormai  scelta e decido di tentare la sorte e avanzare lentamente con l’aiuto di mia moglie a terra e di un automobilista volontario che, sceso dalla sua auto (solidarietà o stanchezza di aspettare sotto il sole…?), dava una mano.

Superato finalmente lo stretto dei “Dardanelli”  ticinesi sacrificando solo un fanalino posteriore, scorro sul lungo ponte alla fine del quale, era fatale, mi aspettava un altro stretto dardanelliano. Supero anche questo e con grosso sospiro di sollievo finalmente  mi avvio all’agognata meta.

Pavia, Certosa

Al navigatore avevamo dato le coordinate del viale indicatoci dai vigili e difatti ci ha fatto imboccare il viale alberato. Prima però, vedendo un’ampia area all’apparenza rifugio per camper, provo ad entrare, ma una scoraggiante sbarra orizzontale alta  meno di due metri  ci fa desistere. Poi scopriremo che quella era stata effettivamente un’area di sosta, c’era persino un cartello e tanto di zona di scarico, ma era stata stranamente dismessa e adibita al solo parcheggio delle auto.

Pavia, Basilica di San Michele

Torniamo al viale, lo percorriamo per una buona metà e finalmente troviamo lo spazio giusto per noi.

Parcheggio alle due del pomeriggio, in fila con una cinquantina di auto.

Posizionato il blocca-porta e inserito l’allarme, ci allontaniamo sotto un sole cocente non senza un filo di apprensione “ma, in fondo, il posto ci è stato consigliato dai vigili urbani…”.

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Il resto del pomeriggio fila via liscio. Visita del Duomo, visita alla bellissima chiesa di S. Michele e poi il Ticino che il mio nipotino, correndo per le strade sicure della città, aveva ribattezzato il mare, a confronto col suo naviglio milanese…nonno vieni a vedere il mare… Un gelato sul bar del barcone, protetti dagli ombrelloni e dalla gradevole frescura fluviale. Uno sguardo al bellissimo ponte coperto.

Pavia, Duomo

Intanto si erano fatte le sei del pomeriggio e ci avviamo verso il camper con l’intenzione di passare la notte nell’unica area di sosta della zona: quello della Certosa, distante una decina di chilometri. Giro la chiave dello sportello, ma mi accorgo che è aperto. Strano, ho pensato, che non abbia inchiavato… Non era strano. La porta era stata aperta dell’interno e così ci siamo accorti della violazione dei ladri. Dentro, una grande confusione che denotava una grande  fretta: i ladri, infatti, entrati dalla finestrella della cucina, forzata con una sbarra di ferro, avevano agito con la sirena dell’allarme spiegata, avevano arranfato la macchina fotografica e il navigatore, lasciati improvvidamente nell’armadio, e se l’erano svignata alla svelta. Nessuno aveva visto e sentito niente. La volante della polizia giunta poco dopo, chiamata da noi, ci ha detto che, tornando a Pavia, la prossima volta dovremo cercare un posto all’inizio del viale perché lì c’è una qualche copertura delle telecamere. Già, ma chi ci tornerà più con il camper.

Pavia, Piazza della Vittoria

Così, feriti nel nostro intimo e con una grossa rabbia in corpo, decidiamo di tornare a casa.

Lungo la strada del ritorno, sbollita la rabbia, ripensiamo alla deludente avventura cominciata malissimo sul ponte della Becca, anzi cominciata dalla difficile ricerca della città di Pavia, aggravata da un navigatore costoso e deludente, proseguita con la totale mancanza di attenzione della città per chi vuole visitare Pavia in camper e quindi per i turisti. Ma forse c’è una spiegazione.

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Pare che ci sia una leggenda che aleggia sulla città che prende le mosse dalle tante chiese e icone dedicate a S. Michele, l’arcangelo che scacciò il demonio.  C’è persino una finestrella che, se la apri, scopri una madonnina, anch’essa messa a protezione della città. Che sia questo il motivo? Per evitare che S. Michele  debba essere costretto, ancora una volta, a lottare col diavolo, meglio che la città non si faccia trovare…

Note sull'Autore

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Bruno Rossi, classe 1942, è un giornalista dal 1970: corrispondente, cronista, inviato per Il Messaggero di Roma fino al 1987. Spirito libero e indipendente, si è occupato di cronaca e senza peli sulla lingua… di giornalismo di inchiesta, e (forse per questo…) è Free Lance dal 1987.

Medaglia d’oro dell’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia Romagna per 40 anni di carriera, ha collaborato con: Rai3, Milano Finanza, il Resto Del Carlino, Panorama-Auto Oggi, Class, Patrimoni, Il Salvagente (periodico dei consumatori). Dal 2010 al 2014 ha tenuto, con spirito critico e indipendente, la rubrica assicurazioni per il settimanale on-line “Golem” (goleminformazioni).

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Professionista delle comunicazioni, è stato formatore e consulente dal 1998 al 2005 dell’Associazione di categoria Lapam di Modena (che raggruppa circa 15.000 aziende), dal 1991 al 1996 del Broker GPA di Milano e del Credito Italiano (oggi Unicredit) e dell’Unipol assicurazioni. Ha pubblicato tre manuali economico-assicurativi per Milano Finanza e per il Salvagente. Oggi, finalmente… è in (quasi) pensione.

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