Le piogge di stelle cadenti segnano la nascita della scienza delle meteore

Dobbiamo a Giovanni Schiaparelli, astronomo della seconda meta’ del 1800 citato di solito per la descrizione di “canali” su Marte, una serie di profetiche considerazioni sull’origine delle piogge di meteore, con la dimostrazione decisiva dell’associazione con una particolare cometa.

Quando la Terra attraversa uno sciame di particelle rilasciate da una cometa e disperse nel piano della sua orbita, le particelle sono tutte in orbite tra loro praticamente parallele: le stelle cadenti appaiono provenire da un unico punto del cielo, detto radiante, che si proietta in una data costellazione che dà il nome allo sciame.

Non sono state le Perseidi di agosto ma le Leonidi di novembre a decretare l’inizio della scienza delle meteore.

In foto: la costellazione del Leone da cui sembra provenire lo sciame di meteore che prendono il nome di Leonidi

Le Leonidi, figlie naturali della cometa P/Tempel-Tuttle rappresentano uno dei pochi sciami meteorici in grado di creare piogge meteoriche talvolta tanto intense da costituire delle vere tempeste o come si dice in gergo meteor storms.

Il meteor storm è forse il più suggestivo fenomeno che avviene nel cielo di notte, anche se va detto che l’evento è un fenomeno raro che dura solitamente tra 0.01 e 0.10 giorni (in pratica tra 10 minuti e 2 -3 ore).

Negli ultimi due secoli solo alcuni sciami hanno prodotto eccezionali piogge: le Leonidi  della  cometa P/Tempel-Tuttle (una cometa a breve periodo del tipo della cometa Halley) con periodo di rivoluzione di 33 anni; le Andromedidi della Biela e le Draconidi della Giacobini-Zinner, entrambe con periodi  tra 6 e 7 anni.

E’ evidente che i passaggi più o meno ravvicinati della cometa al Sole e/o ai pianeti maggiori portano sempre più nel tempo alla dispersione dei ‘treni’ di particelle liberate dal nucleo soprattutto sotto l’azione di forze non-gravitazionali come ad esempio quelle della pressione della radiazione solare, e solo le comete a più breve periodo possono riattivare più o meno celermente il processo di riproduzione di polvere e frammenti  rilasciati dalle comete nei loro successivi ritorni.

La pioggia meteorica del 13 novembre 1833 è stata e rimane memorabile. La scena nella foto raffigura una cascata di meteore che sembrano scaturire da un unico radiante alto in cielo. Scriveva nel novembre 1833 Denison Olmstead dell’Università di Yale: “..Immaginate una successione incessante di palle di fuoco simili a razzi che si irradiano in tutte le direzioni da un unico punto nel cielo“. L’avvenimento fu così spettacolare e nello stesso tempo così terrificante che J.H.Waggoner, un ministro della Chiesa Avventista del Settimo Giorno che era stato spettatore dell’evento, chiese ben 54 anni dopo ad un incisore,– l’artista svizzero Karl Jauslin, di rappresentarlo con un’incisione di legno (nella foto a sinistra) in tutta la sua drammaticità come un segno dell’Apocalisse.

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Gli Avventisti, infatti, erano soliti scrutare il cielo in attesa della seconda venuta del Cristi, con la tendenza ad identificare i fenomeni spettacolari della natura con le profezie Bibliche che ritenevano l’Apocalisse imminente. La data dell’evento delle Leonidi del 13 novembre 1833 calzava perfettamente con quell’apertura del ‘sesto sigillo’ che preannunciava la fine del mondo. E, incredibile ma vero, si deve a queste credenze religiose o meglio a questa incisione di matrice religiosa, la nascita ufficiale degli studi scientifici sulle meteore.

Importanza delle meteore per le scienze spaziali

L’osservazione delle meteore è molto promettente non solo per la fisica e l’astronomia dei corpi minori del sistema solare ma più in generale per la sicurezza delle missioni spaziali.

Questa ha indotto le più importanti Agenzie Spaziali internazionali a prendere in seria considerazione il rischio, tutt’altro che potenziale, costituito da questi corpuscoli per i satelliti e le navicelle spaziali.

Infatti, le meteore forniscono importanti dati alla balistica delle altissime velocità poiché rappresentano un tipo di proiettile ipersonico (il loro numero di Mach va da 40 ad oltre 200).

La velocità massima di una meteora che appartiene al sistema solare risulta vicina a 72km/s, come somma della velocità della Terra attorno al sole (29.7km/s e della velocità di fuga del sistema solare presso la Terra (42km/s). Si rammenta che, a causa dell’attrazione gravitazionale della Terra, la velocità minima con cui un meteoroide può entrare nella nostra atmosfera è circa 11.1km/s.

E’ quindi un dato di grande rilevanza  notare che la velocità geocentrica delle Leonidi che è di circa di 71.7/km/s, è la più alta velocità finora mai registrata per uno sciame meteorico.

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In foto: Bolide che esplode formando una scia di fumo, fotografato all’Osservatorio Schiaparelli di Varese, alle ore 2h12m del 18 novembre 1999, nel corso dell’ultima pioggia delle Leonidi

Si è calcolato che una meteora della massa di 1 grammo e velocità pari a 40 km/s (velocità media di una meteora non di sciame o sporadica) che urta una navicella spaziale, è in grado di sviluppare un’energia equivalente all’esplosione di 200 grammi di tritolo (TNT).

Se poi ci spostiamo all’estremo della scala delle velocità dove troviamo le Leonidi, una meteora di 1 grammo che viaggia a circa 70km/s, ha in atmosfera l’effetto esplosivo di 600 grammi di TNT.

Poiché la massa minima capace di perforare uno spessore di 1 mm di alluminio in un veicolo spaziale è di circa un decimillesimo di grammo, appare oggi plausibile come alcuni satelliti o altri veicoli spaziali, che hanno improvvisamente cessato di funzionare, siano stati danneggiati dall’urto con qualche meteoroide.

Note sull'Autore

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Giordano Cevolani, dirigente di ricerca, già responsabile dell’Area della Ricerca del CNR a Bologna, è uno stimatissimo geofisico e planetologo.

Per molti anni  è stato referente italiano per meteore e meteoriti ed ha partecipato alle ricerche in Antartide.

Nel 1996 gli è stato dedicato un asteroide (6069 Cevolani).

Ha più di 200 pubblicazioni ed è autore di saggi scientifici.

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